MEDITAZIONE DI ÁNANDA MÁRGA: RÁJÁDHIRÁJA YOGA
Il Tantra Yoga più sublime e regale
Questa è la prima parte di una serie di articoli scritti dall’ Ácárya Cidghanánanda Avadhuta,
che approfondiscono alcuni degli aspetti della meditazione Ánanda Márga.
Ogni parte riguarda una delle sei lezioni di questo sistema di meditazione.
PARTE 1: PRIMA LEZIONE (IISHVARA PRANIDHÁNA)
La prima lezione di meditazione del Tantra Yoga è conosciuta come Iishvara Pranidhána. Iishvara Pranidhána è costituita da tre principali elementi: mantra diipanii (ritiro della mente), mantra ághát (ripetizione del mantra), e mantra caetanya (ideazione sul significato del mantra). In questo processo meditativo si applica il principio della conversione della propria soggettività nell’oggettività. L'unificazione con l'oggettività determina l'unificazione con la soggettività. La mente è un'entità pensante molto inquieta. L'esistenza stessa della mente è dovuta all'espressione del senso dell'io. Questo è presente in ogni parte del corpo e della mente di un essere umano. Per questo motivo la prima fase è il ritiro della mente dall'oggettività fisica per proseguire con l’espansione della mente.
È fondamentale ritirare la mente dalla fisicità oggettiva, in quanto se l’attenzione della mente è dispersa, essa non ha né la forza né la capacità di ottenere alcunché. Quando la mente è ritirata dalla fisicità oggettiva, rimane entro i limiti del corpo, ma anche in questa fase non è completamente ritirata. È ancora ugualmente presente e distribuita in tutte le parti del corpo. Occorre quindi ritrarla dal corpo attraverso la concentrazione in un punto specifico. È essenziale, in primo luogo, dare alla mente un punto, poiché quando la mente si concentra su un solo punto sviluppa forza e potere. In secondo luogo, il punto deve trovarsi in una zona del corpo dominata dalla forza senziente. Il motivo è semplice: la forza statica e la forza mutativa causano inquietudine, sonno profondo e sonnolenza, mentre la forza senziente determina fermezza e pace. Per questo motivo, alla mente viene assegnato un punto che si trova nella parte senziente del corpo. Una volta che il proprio senso dell'io è situato completamente in questo punto, può iniziare l'ideazione sull'Entità Infinita, per convertirlo interamente in quell'Entità. Al processo di conversione viene quindi assegnata come obiettivo l'idea più sublime.
Il ritiro della mente dalla materia, dalla fisicità oggettiva, è conosciuto come bhúta shúddhi (bhúta significa “cinque fattori elementali” e shúddhi significa “purezza”). Bhúta shúddhi significa il ritiro della mente dalle vibrazioni esterne dei cinque fattori fondamentali. Dopodiché, il senso dell'io è sistematicamente ritirato da ogni zona del corpo, poi gli viene assegnato un punto adatto in cui risiedere. L'assegnazione di questo punto, è chiamata ásana shúddhi.. Ásana shúddhi significa che la mente è situata in una sede pura. Proprio come una persona si cura di mantenere in ordine e pulito e in uno stato di purezza un tempio o una moschea, così la mente, è naturalmente portata a concentrarsi nel punto più puro da cui può fare ideazione sul Supremo. Bisogna tenere in mente che il punto che viene assegnato deve essere in contatto con il nucleo che controlla i tre livelli della mente, cioè il conscio, il subconscio e l'inconscio, altrimenti non è possibile raggiungere il completo controllo della mente. Ciò, semplicemente perché questo punto è il nucleo della mente e perciò controlla la mente allo stesso modo in cui il sole, come nucleo centrale del sistema solare, controlla tutti i pianeti e i satelliti del suo sistema. Perciò questo punto è da considerare come fondamentale per la riuscita della pratica.
Più riusciamo a ritirare la mente, meglio riusciremo a collegarci con il regno della beatitudine divina. Spesso gli aspiranti spirituali non riescono a ritirare nel modo corretto la mente o non spendono abbastanza tempo nel provarci, questa è una delle principali ragioni per cui non riescono a sentire beatitudine durante il sádhaná. Il ritiro della mente dall'oggettività fisica è conosciuto come mantra diipanii. Un mantra è una parola sacra, caricata spiritualmente da un'anima realizzata. Diipanii significa "luce" o "fiaccola". Pertanto, il ritiro illumina la mente e ci aiuta nelle fasi di mantra ághát (ripetizione del mantra) e mantra caetanya (ideazione sul significato del mantra). La consapevolezza del mantra e la ripetizione del mantra srotolano l'energia a forma di serpente arrotolato. Un sádhaka deve perciò dedicare un tempo considerevole al ritiro della mente, per poter dominare pienamente i passi successivi di ripetizione ed ideazione. Soffermandosi su queste shúddhi, le tecniche successive risulteranno molto più facili. Se, per esempio, un aspirante spirituale pratica la meditazione per mezz'ora, dovrebbe teoricamente impiegare almeno 15 minuti nel ritiro (la tecnica pratica del ritiro è insegnata personalmente da un ácárya di Ánanda Márga). Il ritiro, tuttavia, non è completo solo fissando la mente su di un punto adatto: bisogna anche ritirarsi dalle idee e da tutti i tipi di pensieri che attraversano la mente. A questo scopo, è sufficiente applicare la medesima tecnica. Perciò, il ritiro ha 3 fasi: ritiro dal mondo esterno, dal corpo e dai pensieri. Dopodiché vengono mantra ághát e mantra caetanya.
Mantra ághát è di 3 tipi: il primo è pronunciare ad alta voce (noto come vácasika in sanscrito). Il secondo è sussurrare a voce bassa, cioè le parole possono essere sentite solo da chi pronuncia il mantra. Questo tipo è noto come upansu in sanscrito. L'ultimo e miglior metodo di ripetizione è quello psichico. La ripetizione psichica, comunque non rientra nella categoria di japakriya (azione del ripetere), rientra piuttosto nella categoria del dháraǹa e dhyána (concentrazione e meditazione). Questo perché ripetendo a mente si cerca di formare un parallelismo tra la parola stessa e il suo significato. Si vuole entrare nell'ideazione del mantra. Questo tipo di ripetizione nel punto più adatto (cakra) determina il mantra ághát ed è poi seguito dal mantra caetanya, che è piena consapevolezza del significato del mantra. Se non si pratica mantra caetanya, il mantra non può essere efficace e non si diventa altro che un pappagallo che ripete parole che non capisce. Il mantra caetanya di un Ista Siddha mantra è di vitale importanza. Per questo, nel Kularnava Tantra si afferma giustamente che un mantra senza caetanya non è altro che una parola come un'altra che non può portare a risultati positivi. E' come una parola comune.
Il mantra caetanya ha due aspetti: per prima cosa, il Sadguru lo ha caricato di potere. Inoltre, viene pronunciato con la consapevolezza del suo significato. Pertanto, per questi due aspetti, mantra caetanya è in grado di sollevare la kula kundalinii (il serpente arrotolato), il potenziale spirituale, anche conosciuto come jiivabháva (esistenza unitaria), la forza del punto di fondamentale negatività, che è arrotolato nel punto più basso della spina dorsale di ogni persona e la cui posizione varia a seconda di quanto è stata risvegliata. Questo jiivabháva, in alcuni individui, è giunto a contatto ravvicinato con l'Entità Cosmica Infinita attraverso le pratiche spirituali e il servizio; ha quindi assunto qualità sempre più sottili. In altri individui, il jiivabháva ha altre qualità perché kundalinii non è stata ancora risvegliata. Non tutte le kundalinii sono uguali. Ora, la kundalinii rimane arrotolata alla base della spina dorsale. Questa base è nota come kula e la persona che solleva questa kundalinii da kula è nota come Kulaguru, kula in genere significa famiglia, ma in questo caso non significa famiglia nel senso comune della parola. E' la base della spina dorsale e il Sadguru può sollevarla. Per questo motivo, il Sadguru è anche chiamato Kulaguru: il precettore che è in grado di sollevare tutte le kundalinii.
L'Iishvara Pranidhána, comunque non finisce qui. Include anche i principi morali dello Yama e del Niyama e gli esercizi psico-fisici noti come ásana. Seguire la condotta morale aiuta l'individuo nel ritiro della mente; altrimenti potrebbe soffrire di cattiva coscienza e il suo ritiro mentale sarebbe disturbato dal conseguente stato di disequilibro della mente. Yama e Niyama sono la base delle pratiche spirituali, e il progresso spirituale a sua volta aiuta a sollevare la kundalinii, il che a sua volta rafforza la condotta morale. Perciò la moralità e la pratica spirituale sono interdipendenti. La moralità, comunque è la base e non è il fine.
Gli ásana sono anche inclusi nella prima lezione. Gli ásana yogici non sono comuni esercizi fisici, piuttosto sono più sottili nel loro effetto, e influenzano lo stato della mente come quello del corpo, per i loro effetti sulle ghiandole endocrine. Analizzando le varie tendenze psichiche degli esseri umani, vengono prescritti diversi ásana. Il nome assegnato ad ogni ásana è determinato analizzando la posizione e i benefici da esso apportati. Mayurásana (posizione del pavone), ad esempio, si pratica imitando la postura di un pavone. Praticando questa posizione, la persona diventa capace di digerire anche un serpente, come fa il pavone, ma questa non è la ragione per cui praticare la posizione. Questo ásana aiuta moltissimo nella digestione e qualunque senso di pesantezza nel corpo o nello stomaco scompare praticandolo. Gomukhásana è una postura in cui il praticante assume una forma simile a quella della testa di una mucca, per questo viene chiamata in sanscrito "posizione della testa della mucca". Ci fa ottenere la gentilezza e calma che generalmente troviamo in una mucca; questi principi si applicano per buona parte degli altri ásana. Tutti gli ásana sono stati sistematizzati nella loro ricerca dagli yogi e sono una parte vitale dell'Hatha Yoga. Generalmente, gli esercizi psichici come la meditazione non bastano a rendere puri sia la mente che il corpo in poco tempo senza l'intervento di altri fattori. Perciò vengono assegnati degli ásana in modo che le ghiandole endocrine e i nervi siano regolati e bilanciati dalla pratica.
Gli ásana, tuttavia non possono da soli portarci alla realizzazione, poiché rimangono confinati nella fisicità e, in un certo grado, nella sfera psichica. Cioè, gli ásana purificano principalmente l'annamaya kosa. L'annamaya kosa, o corpo fisico è soggetto alle impurità, cioè al dominio dei principi mutativo e statico. Gli ásana regolano le secrezioni delle ghiandole e, grazie al bilanciamento nelle secrezioni delle ghiandole, la mente non è sollecitata eccessivamente dalle sue propensioni (vrtti). Perciò, se vogliamo controllare le vrtti, dobbiamo praticare gli ásana. Tutte le posture fisiche sono variazioni di un certo ásana. Ci sono innumerevoli ásana, ma nel nostro sistema è stata selezionata una gamma da 40 a 50 esercizi principali. Poiché questi ásana non sono solo meri esercizi ma movimenti sottili, ci sono alcune regole da seguire per ricavarne il massimo beneficio. Se non seguiamo queste regole, potremmo farci male o incorrere in malattie perché il loro effetto è molto potente. inoltre, per assicurarci di praticarli correttamente, è preferibile ricevere le istruzioni personali di un maestro. Gli ácárya di Ánanda Márga insegnano come praticare gli ásana nel modo opportuno. La meditazione, da sola, può purificare sia il corpo che la mente, ma senza altre pratiche potrebbe impiegare molto più tempo e l'aspirante potrebbe perdere l'impegno necessario per continuare sul sentiero spirituale.
Oltre a praticare gli ásana, abbiamo bisogno di assumere esclusivamente cibo senziente, cioè cibo vegetariano, poiché ha un effetto benefico nella formazione del corpo fisico e di quello psichico. Pertanto, se non siamo vegetariani, non fa bene praticare gli ásana, eccetto alcune posizioni indicate dall'ácárya.
La prima lezione, se praticata con serietà, può condurre una persona al Savikalpa Samádhi. In questo stato, si avverte l'unità con la Mente Cosmica e si vive la beatitudine divina. Tutti i nostri impedimenti (l'odio, il dubbio, la paura, la vergogna, i tabù, il senso di prestigio famigliare, la vanità intellettuale e il falso senso di prestigio personale) e i nostri sei nemici (il desiderio, la rabbia, l'avidità, l'attaccamento, l'orgoglio, e l'invidia) tornano sotto il nostro controllo. Il culmine della prima lezione è il punto culminante della forza senziente e, guidate da questa forza senziente, la forza mutativa e quella statica vengono controllate. Poiché vengono controllate, non possono disturbare la mente. E' difficile descrivere a parole lo stato mentale che si ottiene. In breve, si può solamente dire che la mente è completamente temprata, rimane non affetta internamente da nulla, anche se esternamente potrebbe sembrare influenzata.
La prima lezione può portarci al Savikalpa Samádhi, ma il Sadguru, in quel momento, per amore dell'aspirante spirituale, mantiene chiusa a chiave la porta da cui si accede ai poteri occulti. Questo avviene perché se esibissimo questi poteri, non potremmo raggiungere poi lo stato di Nirvikalpa Samádhi. Nella prima lezione di Rájáhirája Yoga nel sistema del Tantra Yoga che abbiamo ora discusso, gli Ista Mantra sono stati donati da Srii Krsna, Bhaerava (il figlio di Shiva) e dal signore Shiva stesso. Vengono assegnati mantra diversi a persone diverse, a seconda dei loro momenti reattivi mentali (samskara). Questi aspetti sono comunque di dominio esclusivo degli ácárya e quindi vengono qui omessi.
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